"La quota spropositata dei pochissimi che hanno un’influenza intellettuale è ancora più inquietante
della distribuzione iniqua della ricchezza."
(Nassim N. Taleb)

Pro-vocazioni letterarie header image 2

A proposito di ascolto…

Gennaio 23rd, 2009 · No Comments

Mario, negli “auguri del presidente(*)” (per intenderci: per iscritto) ci ha esortato ad ascoltare la Parola di Dio. In seguito, nell’ultimo incontro prima di Natale, è sceso a più miti consigli. In pratica ha suggerito d’imparare ad ascoltare il nostro vicino di sedia, di casa, il prossimo insomma, almeno a Natale, almeno (per ovvie ragioni) mentre mangiamo il panettone.
In merito all’ascolto della parola del Signore, per una questione di privacy o forse di udito, non metto il becco. Per quanto riguarda invece saper parlare e ascoltarci l’un l’altro, potrei dire un paio di cose – pronto poi a prestare orecchio all’avviso di tutti, con la dovuta attenzione.
Il punto focale dell’ascolto distratto (ma dicasi pure: svogliato o del tutto assente), secondo me, risiede nella nostra conformazione mentale. Siamo – fatte le debite eccezioni – un popolo nel pallone! Quando conversiamo, siamo tesi a rubare la palla, pardon: la parola agli altri, ragioniamo in termini di attacco e difesa. Siamo tutti esperti allenatori, commissari tecnici, arbitri dei destini nazionali. E’ insito nella nostra natura interrompere, controbattere, bloccare sul nascere ogni commento contrario.  E non mi riferisco soltanto ai dibattiti televisivi.
In molte occasioni si fa una enorme fatica a trattenersi dall’imporre la propria opinione. Semplicemente,  dell’incontinenza verbale, non ci rendiamo conto.
Vale per la comunicazione quello che Roberto Saviano afferma riguardo alla corruzione. Si parte dalla raccomandazione che fa parte ormai del nostro bagaglio cromosomico. Una volta il debole veniva raccomandato, per riuscire a conquistare il posto tramite l’aiuto della spintarella, appunto; ora, anche chi è intelligente, se non è adeguatamente provvisto di supporti clientelari, resta appiedato. Da qui ne scaturisce un malcostume che alimenta un ulteriore degrado e così via, fino a portare al decadimento complessivo della società.
La comunicazione scivola facilmente in uno stadio patologico, il più delle volte è fatta per prevalere, è gridata; incalza l’interlocutore, non concede respiro… Ogni pausa viene recepita come una crepa, un pertugio sintomo di debolezza.  Della comunicazione, l’ascolto è il lato B: la parte in sordina e meno accattivante del rapporto di relazione. In contrasto con il bisogno primario di ognuno di affermare se stesso. Infatti si è perennemente alla ricerca di conferme.
Altro aspetto deleterio della comunicazione a senso unico, che procede in una sola direzione, ossia verso la rete del campo avverso, è il vittimismo. Cosa c’entra con l’ascolto? Colui che si sente ingiustamente vittima (e qui mi riferisco al vittimismo per indole, per chi mostra scarsa capacità di risolvere i problemi da solo, per chi è per natura e cultura rassegnato) mette in piazza i propri errori accusando sempre gli altri per tutta una serie di catastrofi. Il vittimismo è un atteggiamento (da non confondere con lo status di bisogno che è una situazione contingente in cui, per le vicissitudini della vita, possiamo cadere tutti), la richiesta esplicita di essere ascoltati.
La ricerca di un lavoro è legata alla pretesa di trovarlo sotto casa, ben remunerato, all’altezza delle proprie aspettative. La conquista sociale per piccoli passi, attraverso un iter di formazione e l’affermazione graduale delle capacità acquisite, non sempre fa parte del bagaglio di chi reclama il posto.
E che dire delle vittime dei crac, dei crolli e dei rovesci finanziari? Non voglio spezzare lance a favore di bancari disinvolti o disonesti nel proporre prodotti sofisticati a risparmiatori inadeguati. Ma una cosa è la protezione dagli imbrogli (attraverso strumenti quali le tutele legali e le associazioni di consumatori), altro è l’ostentazione dell’ignoranza e la difesa della imprevidenza, a spese della comunità.
Si osservi l’atteggiamento politico condiscendente al seguito di schiere di imprevidenti fasce di elettorato. Circa i mutui, ieri era il caso di quelli legati all’euro, ora è il lievitare dei tassi variabili; oppure sono le conseguenze dell’uso del credito al consumo, anche per beni voluttuari. Si è fatto il passo più lungo della gamba? Troppo spesso si fa appello alla incapacità d’intendere e di volere come a una naturale scappatoia. Ma quando la nostra scelta va nel senso a noi favorevole ne godiamo i benefici in perfetta armonia con il nostro entourage e il nostro ego. Stesso discorso vale per quegli imprenditori che dirottano i loro profitti all’estero, salvo poi reclamare per finanziamenti limitati in patria.
Ma ritorniamo al pallone. Entriamo in un bar o meglio, in una scuola media superiore, nell’aula dei maturandi. Chiediamo ai presenti di elencarci i nomi dei giocatori della squadra del cuore oppure della nazionale. Dopo chiediamo alle stesse persone la lista delle maggiori società quotate in Borsa, per esempio quelle del MIB 30. Raffrontiamo l’accuratezza delle risposte del versante sportivo e di quello borsistico. Al di là della completezza dei dati, scopriremo che probabilmente l’interesse sportivo è di gran lunga più coinvolgente di quello economico. Liberissimi! Allora perché accusare il mondo finanziario invece di ritirarci in un angolo buio a commiserarci degli errori derivanti dalla nostra stoltezza? C’è in alcune frange di popolazione, nell’ammissione pubblica della propria incapacità, un diritto alla rivalsa per scelte fatte senza troppo riflettere: non ero in grado di capire, mi hanno raggirato. In realtà è in voga la petulanza del vittimismo, che quando diventa un modo di agire semiprofessionale – nell’invocazione dell’aiuto pubblico o della carità – mette in ombra chi è davvero bisognoso. (A proposito di carità… Muhammad Yunus – il banchiere dei poveri – sostiene che la carità non ha altro effetto se non quello di perpetuare i problemi, togliendo ai poveri lo spirito d’iniziativa. E qui si aprirebbe tutt’altro tema).
Allora, più che parlare occorre  predisporsi all’ascolto. Concedersi pause e aperture mentali, per attrezzarsi di nuove conoscenze, partendo dalla comprensione dei nostri limiti. Attivandosi anche a scoprire chi o cosa merita la nostra fiducia, che non è mai una scelta definitiva, da compiersi alla cieca.
C’è da chiedersi: sarebbe la stessa cosa se lo sport nazionale fosse l’atletica o il ciclismo? (Si noti una differenza: quando il calciatore cade aspetta il fischio dell’arbitro e l’arresto del gioco prima di alzarsi, il ciclista che non risale in sella subito e ricomincia a pedalare dovrà faticare non poco per riagganciare il gruppo).
Tutt’altro sport magari combinato con la passione per gli scacchi?
Anche senza eccellere, impareremmo a contare almeno fino a due prima di aprire bocca. Scopriremmo, attraverso il gioco della pausa e della riflessione, il fascino – talvolta perverso – del lato B della comunicazione.
AF

(*) Mario Rozza, presidente UTL, G.

Tags: 9.Punto di riflessione · Gaspare Barresi

0 responses so far ↓

  • There are no comments yet...Kick things off by filling out the form below.

You must log in to post a comment.