"La quota spropositata dei pochissimi che hanno un’influenza intellettuale è ancora più inquietante
della distribuzione iniqua della ricchezza."
(Nassim N. Taleb)

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Forte sullo strapiombo

Dicembre 12th, 2013 · No Comments

Alla scoperta di Cassano d’ADDA

Mi sto chiedendo: che cosa mai conoscevo di Cassano prima del 15 novembre 2013? Da trentotto anni abito in quel di Gorgonzola a circa una decina di chilometri da Cassano e sono passata mille volte per la strada principale che i Cassanesi chiamano “Cuntrada MAGIURA”. E’ l’antica strada romana, quella che legava Brescia con Milano ed è l’unica via possibile per Treviglio. Potete immaginare le code delle automobili, i gas di scarico, il rumore. La si percorre lentamente, uno sguardo a sinistra verso la Villa neoclassica del Piermarini e che fu dei Borromeo, poi uno sguardo a destra verso la settecentesca Parrocchiale, infine il bel ponte sulla Muzza e sull’Adda. Dopo, sulla via per Treviglio, la vista superba del Castello fino a ieri non visitabile.
Questa era la Cassano da me conosciuta.
Il 15 di novembre, con il gruppo dell’Università del tempo libero di Gorgonzola abbiamo iniziato la scoperta di Cassano partendo da una stradina laterale che porta all’Oratorio seicentesco di San Dionigi, un vero gioiello.
La nostra guida cassanese Martina ci racconta il perché San Dionigi è così caro ai Cassanesi. La storia del Santo è rappresentata all’interno con una gran festa di colori dai pittori seicenteschi Fiammenghini che, tra l’altro, abbiamo già ammirato nell’Abbazia di Chiaravalle.
Siamo nel 355 e Dionigi viene esiliato in Armenia dall’Imperatore di Milano. Morirà in odore di santità pochi anni dopo. Sant’Ambrogio, suo successore, ne ottiene la salma che sbarca nel porto dell’Adda di Cassano. Il santo resuscita ed abbraccia Ambrogio, poi torna a morire. San Dionigi sarà sepolto nella zona dove sorgerà la chiesina perché i cavalli che trasportavano la salma si rifiutarono di procedere oltre. Ora il Santo riposa nel Duomo di Milano dove fu trasferito nel ‘500.
Poi percorriamo la strada alberata e pedonale che costeggia il canale Muzza e a me ricorda una passeggiata romantica di 40 anni fa lungo un fiume vicino ad Edimburgo.
Poi le meraviglie continuano con la Villa Brambilla ed il suo scenografico giardino. La disposizione delle scale collega cinque spalti protetti da balaustre sormontate da statue. Il livello inferiore è occupato da una fontana decorata con putti e fauni che è opera di Donato Andrea Fantoni (della famosa famiglia di intagliatori e scultori di Rovetta).
Accanto al giardino della Villa Brambilla il Parco Comunale altrettanto scenografico. Io mi distacco dal gruppo e, percorrendo il parco e le sue scale, mi dirigo verso il Castello. La mia bronchite non mi permette di continuare la visita, sta piovendo, devo raggiungere un bar ed aspettare la compagnia per poi entrare insieme al Castello. Mi posiziono con la vista sulla Piazza Perrucchetti, da cui il Castello si impone maestoso.
Verso le 18 entriamo, l’atrio di ingresso ci introduce nel cortile trapezoidale circondato da portici a sesto acuto. E’ ormai buio, i portici sono illuminati da faretti con effetti di luce radente, si evidenzia così molto bene l’antica tessitura muraria ad “opus spicatum” cioè fatta con ciottoli di fiume e mattoni disposti a spina di pesce.
Superba l’infilata dei saloni a piano terra con le magnifiche volte ogivali interamente affrescate. Il motivo ripetitivo geometrico è diverso nelle varie sale. La tipologia è quella del primo nucleo del Castello trecentesco ed è raro trovarla così perfetta.
Qui il Medioevo si può toccare, io fatico a respirare per l’emozione, ma forse è la bronchite!
Lo stemma del biscione è ripetuto più volte, anche ai piani superiori dove consumiamo un simpatico e gustoso aperitivo. Alle pareti grandi arazzi e, cosa a me molto gradita, due copie degli arazzi medievali conservati al Musée des Thermes a Parigi e che raffigurano la “Dama con l’UNICORNO”.
Non è mancata la visita ai sotterranei-prigione nelle zone sotto i bastioni. Le volte in laterizio sono state eseguite con grande perizia tecnica, l’arte del costruire con il mattone è stata dimenticata! C’era persino la stanza della tortura con la goccia (ma non era una tortura cinese?).
Non vi ho detto niente circa la storia del Castello che la guida Martina ci ha raccontato mentre percorrevamo i saloni.
Pensate che il borgo di Cassano era già munito di fortificazione nell’800 in quanto il punto dove poi sorgerà il castello vero e proprio, è un naturale baluardo a picco sul fiume Adda. La costruzione del 1260 è stata voluta dall’Arcivescovo di Milano Ottone Visconti che ne fece un punto di vitale importanza strategica per il controllo del valico. Avrà anche un ricetto dove potranno rifugiarsi gli abitanti in caso di incursioni.
Poi sarà caposaldo della linea difensiva dell’Adda contro le mire espansionistiche della Repubblica Veneta.
Serie di guerre, vacillante potere dei Visconti, i Veneziani coglieranno alle spalle Filippo Maria Visconti e la rocca nel 1466 cadrà nelle loro mani.
Estintisi i Visconti, i Milanesi richiamano il generale Francesco Sforza che conquisterà la rocca. Sarà sotto quest’ultimo che il castello si munirà di quegli spalti e contrafforti che scendono sino all’Adda. Nel secolo XVI inizia il declino ed il castello sarà adibito a carcere militare.
Nelle sue prigioni vedrà morire per fame 4500 soldati piemontesi di Eugenio di Savoia, alleato degli austriaci, nella guerra contro la Francia. Sarà carcere sino al 1959, poi magazzino, ora … Hotel de Charme.
Ci affacciamo dall’elegante balconata con forme cinquecentesche situata a strapiombo sul fiume.
Usciamo e percorriamo quello che rimane dell’antico ricetto, l’intrico e la strettezza dei vicoli è l’unica cosa dell’impianto medievale, si esce dal grande arco sulla piazza Garibaldi che costituiva l’ingresso al ricetto stesso.
Queste giornate di visita dovrebbero avere un filtro tra il prima ed il dopo. Eravamo in pieno medioevo e poi il traffico, il pullman che non riesce a fare manovra per via di un bischero che ha parcheggiato dove proprio non si poteva… e poi  la pioggia e la prima nebbia invernale  pazienza, alla prossima!

Maria Teresa Campora

Tags: 5.Alla riscoperta dell’Italia minore

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