"La quota spropositata dei pochissimi che hanno un’influenza intellettuale è ancora più inquietante
della distribuzione iniqua della ricchezza."
(Nassim N. Taleb)

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La meteora Poppy

Marzo 22nd, 2008 · No Comments

(Appunti per l’archivio Primo Moroni)

L’amarcord parte dalla pancia – non possono esserci dubbi: le rivoluzioni dal basso non sono forse sempre cominciate con l’assalto ai granai, ai forni e alle botteghe del pane? Nella Milano anni ’70, la mensa dello studente, in Città Studi, era il primo approdo per chi veniva da fuori, che fosse studente o immigrato. Oltre agli studenti in quegli anni facevano parte del panorama politico-culturale degli atenei: disoccupati, lavoratori e impiegati con busta paga al minimo salariale. Il ’68 aveva spalancato i cancelli delle università ai bisogni della gente. La bacheca nell’atrio della casa dello studente forniva un buon numero di annunci di camere e posti letto da affittare. La mensa universitaria, ad un costo contenuto, offriva un pasto caldo a mezzogiorno e sera per l’intera settimana domenica compresa, permettendo a chi aveva pochi soldi disponibili, di centellinarli, d’investirli nello studio o in cerca d’un lavoro meglio remunerato, nell’illusione di raggiungere quanto prima uno standard migliore di vita. In seguito, con la pancia piena, soddisfatte le necessità più immediate – anche nel clima di ‘lotta continua’ si prendeva di tanto in tanto una boccata d’aria – ci si concedeva il lusso di soffermarsi al bar per un caffé, una partita a scacchi, lo scambio di due chiacchiere su ‘movimento manifestazioni e politica’, un tutt’uno inscindibile. Letteratura e arte erano a margine dei discorsi. Talvolta ci si avventurava a parlarne sottovoce, oppure la conversazione cominciava sottotono per poi proseguire il dibattito con più fervore una volta raggiunta l’uscita. Certi discorsi potevano tradire una formazione intellettuale di cui non s’era fatta sufficiente autocritica. L’aspirazione di maggiore benessere sociale passava dalla controcultura, – essendo la cultura strumento e miraggio, in mano all’establishment. La nuova cultura doveva essere meta alla portata di tutti, raggiungibile con il perseguire delle rivendicazioni – legittime, era impensabile dissentire – e della lotta politica. L’esperienza ‘Poppy-bastardi carta stampata’ vide i primi germogli alla mensa dello studente, ebbe come collante le relazioni umane che prevalsero sulle aspettative di programmazione, trovò i suoi limiti nella condivisione di spazi, nel rimestamento di problemi individuali. In tempi di progetti rivoluzionari, il gruppo cessò di stare insieme per questioni di c… senza neanche l’attenuante generica dei futili motivi. Di ritorno dopo quattro anni trascorsi tra Londra e Parigi, con viva l’ebbrezza delle serate vissute nelle due metropoli, mi ritrovai alla mensa dello studente a parlare di micro realtà culturali, di spettacoli teatrali tenuti in piccoli locali del quartiere latino dove, seduti per terra o in piedi assiepati lungo le pareti, al massimo trovavano posto una ventina di persone. Il primo pensiero fu di replicare l’esperienza vissuta con qualche lavoro teatrale. Il dissenso sui temi caldi del momento mi portò ad affrontare da solo, sotto forma di romanzo, il dramma dei sequestri di persona, un fenomeno che mi aveva scosso non poco durante il soggiorno all’estero. Al di fuori dei confini del mio paese ero diventato sensibile a tutto quanto veniva riportato sui giornali esteri contrassegnato dal marchio di italianità. Ero partito agnostico apolitico e apolide, ritornavo interessato ai problemi contingenti e propenso a dare un qualche contributo.Panepinto Editore si dibatteva nella morsa dei creditori, il mio primo romanzo ‘Una singolare vicenda’ arrivato alla correzione delle bozze, tardava ancora a vedere la luce (e non la vedrà mai), quando decisi di muovermi in proprio, convinto che il deficit di mezzi finanziari potesse essere superato attingendo al capitale umano.Il romanzo ‘Chi tanto, chi niente’ (1977), autore Antonio Fiorella, segna l’inizio di un percorso che parte da Piazza Fontana 1, Milano, presso lo studio di un commercialista venuto dal sud, il quale forse – per raccontarla alla maniera di Luciano Bianciardi – ‘mettendo tra i propri torti l’origine piccolo-borghese, si metteva a servizio della classe operaia’.

Il tornado Enzo Gallina spazzò via alle prime folate di vento sia l’etichetta ‘Poppy Edizioni Sperimentali’ (compresi subito mio malgrado che non potevano esserci vie di mezzo, allora si era: o di qua o di là della barricata), sia gran parte delle persone che si stavano aggregando. Mi veniva da sogghignare nel vedere come due parole messe lì quasi per ridere ‘edizioni sperimentali’ potessero mandare in bestia una persona colta, ma tant’è: il gruppo prese il nome ‘Poppy-(cani) bastardi carta stampata’. Mi spiacque invece vedere darsi alla fuga alcune persone (tacciate di qualunquismo: il peggior insulto, accanto a quello di fascista, non meritevole neppure di quattro sprangate per un atteggiamento ritenuto spregevole sin dal primo dopoguerra) che si erano avvicinate in punta di piedi con tante aspettative. E infatti ‘quella specie di libro’, uscito sotto il titolo ‘Bla… bla… bla… di rivoluzione’ (1978), autore Enzo G., portava chiaramente scritto che la ‘Poppy-bastardi carta stampata’ non era una casa editrice, bensì un modo d’incontro, un gruppo di persone che si muovevano con spirito democratico, aperto ai problemi vivi nell’ambiente.

La rivista ‘I promessi poppy’, numero 0, anno 1978, fu uno dei momenti di coesione del gruppo, raccogliendo storie, disegni, racconti della maggior parte dei componenti: Marco, Lucia, Enrico, Tony S., Antonio F., Peter, Maurizio, Roberto, Enzo, Antonio T. Nelle intenzioni dovevano seguire altri numeri, quale ‘Il Decameron poppy’, attingendo ai sacri testi della letteratura, ma rimasero nella lunga lista delle cose che potevano attendere.

Gli spazi maggiormente frequentati erano Parco Lambro e Parco Sempione, il Centro Sociale Leoncavallo, il teatro Officina, le fiere cittadine e quelle fuori città. I libri, la rivista, una cassetta registrata con poesie e musica improvvisata, alcuni disegni di Antonio Tarantino erano le cosepoppy che venivano distribuite o vendute. Le uscite al parco, gli incontri presso il Centro Sociale Leoncavallo, portarono a intersecarsi con ‘Babilonia senza potere’, ad estendere la collaborazione con i compagni della rivista ’12 un giorno maledetto’ con i quali c’era anche la condivisione di una stanza presso il Leoncavallo.

La meteora ‘Poppy-bastardi carta stampata’ trovò momenti di partecipazione che andarono ben al di là delle cose prodotte. Nel convegno dei Punti Rossi a Firenze, nel 1978, mentre il fervore del dibattito sulla lotta politica sembrava al culmine, l’intervento fuori dagli schemi di uno ‘sparuto gruppo di poeti’ – come qualcuno ci apostrofò – consentì di allentare la tensione, con un sospiro di sollievo generale. E fu una tregua salutare, chi c’era ne serba memoria. Infine, ad un certo punto divenne impossibile continuare a stare insieme, per adesioni che nascendo dalla fuga da una condizione di paranoia non trovarono altro rifugio che lo spinello – almeno per alcuni, – per una ridda di problemi personali, nell’iperbole di linguaggi mal digeriti.

Gaspare Barresi, che aveva aderito all’iniziativa sin dalle prime fasi, con due micidiali fendenti descrisse prima una figura di ‘leader di un gruppo / intontito dalla loquacità’ e in seguito celebrò la ‘Morte di un gruppo’, nella raccolta di poesie ‘Progetto Selinuntino’ (1979), con l’epitaffio: ‘…quelli lì li vedo negarsi / e un senso di morte mi prende / nel buio che si fa largo tutto intorno a me.’

Osservando oltre la scelta dei termini preferiti e le modalità di espressione di ciascuno, la convinzione che legava tutti era che non dovessero esserci ruoli preassegnati nel campo della cultura; eravamo contro la tendenza dominante, che poi erano ‘leggi di mercato e di potere’ insieme, di comprimere allo stato di spettatori la massa a vantaggio degli autoeletti produttori/rabbonitori/dispensatori del sapere. A guardar bene, non è di questo che ci si lamenta ancora oggi a distanza di 30 anni, quando si dice di voler abbattere gli steccati protettivi delle baronie, delle corporazioni, delle rendite di posizione? La dispersione dei componenti del gruppo, condusse Enzo Gallina all’apertura di Strafalari, ‘un posto dove si ritrovano alcuni giovani… che hanno in comune l’intenzione di non farsi fregare’, fucina di altre esperienze. Intanto le ultime battute del romanzo ‘Chi tanto, chi niente’ sembrarono riproporsi nel titolo del libro ‘Vaffanculo (un insulto all’intellighentia)’, autore Sandro Baldoni (1982), Strafalari.

Gaspare Barresi, Antonio Tarantino e il sottoscritto, dotati di sufficiente autoironia da eludere pericoli maggiori, confluimmo nella redazione di Malvagia, altra storia, altro romanzo (partito bene su Malvagia, finito presto in ‘testacoda’).

Ho detto della pancia, quindi della bocca quale via di transito per il nutrimento e la parola, voglio concludere con gli occhi, così spesso raffigurati nelle opere di Antonio Tarantino. Non ho mai incontrato un artista delle arti figurative meno interessato nel dare buona mostra dei propri traguardi raggiunti. Una locandina con due suoi disegni (1978), (e due racconti che recentemente hanno trovato nuova collocazione nel libro ‘il virus della parola’ edito da Albalibri), resta l’unica traccia di alcune mostre allestite in quegli anni. Antonio trovava più coinvolgente dare il suo contributo alla realizzazione di un progetto. E anche se al termine di molti incontri usciva stravolto ammettendo di non aver capito un granché, poi tornava la volta successiva con un disegno che racchiudeva la sintesi dei tanti discorsi. Con la leggerezza dell’artista che vive una dimensione sua ben distinta e la dedizione del certosino, gli riusciva d’interpretare il pensiero in cui tutti alla fine si rispecchiavano, come per magia. Attraversando in lungo e in largo il periodo che va da ‘Poppy’ a ‘12 un giorno maledetto’ fino a ‘Malvagia’, con il suo tratto di matita, pennino e inchiostro di china, ha percorso un decennio di stampa alternativa. Le sue illustrazioni sono state il filo del bozzolo che ha avviluppato diverse esperienze di vita.

– Ho sognato: non era una meteora, e neanche un latrato di cani bastardi, era una farfalla.

Antonio Fiorella (Maggio 2007)

 

Tags: 2.Frammenti di storie quasi personali

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