Il Cenacolo Sant’Eustorgio ospita complessivamente all’anno, nei vari incontri settimanali, quasi un migliaio di anime le quali, se non ci fosse, non si sa in quali altri anfratti potrebbero disperdersi. Ci sono stato la prima volta: la lettura dei brani poetici mi è sembrata in parte una terapia di gruppo, del genere alcolisti anonimi, in parte una stornellata di antiche canzoni dialettali nei paraggi di un’osteria. Ci sono tornato di nuovo – probabilmente ero alla ricerca di una conferma – ma il quadro scenico ha capovolto ogni punto di riferimento, con due poeti a recitare le loro strofe, le prime dall’etereo sapore bucolico e le altre con incisi di (f.) pericolosi risvolti urbani. “La mattina esco a filo di barba / chiedendomi puntuale / se resto nella pelle di monaco / o divento sciacallo a pelo di giorno.” Una recita a due voci intervallata dalle carezzevoli note di un flauto e dalle fugaci intemperanze del pigmalione di casa, Carlo Riva.
(continua – anime alla de riva)